“Ciò
che dovremmo davvero fare, per raggiungere la sostenibilità, non è sviluppare
nuove forme di turismo nelle aree non ancora danneggiate del pianeta, ma
cercare di porre rimedio ai danni causati finora. Più specificatamente, il
nostro compito è quello di sviluppare turismo di massa convenzionale in maniera
sostenibile ed integrarlo con ogni sorta di forma di turismo alternativo dove e
quando esso si consideri appropriato” (Zhenhua, 2003).
L’idea, a mio avviso geniale, di
trasfromare il turismo di massa convenzionale in turismo sostenibile, non è di
esclusività di Zhenhua. Nel panorama italiano, anche Nicolò Costa condivide lo
stesso pensiero, ma lo articola maggiormente nel suo paragrafo “Turismo di
massa e comunità locali” ne I
professionisti dello sviluppo turistico locale[1].
Egli afferma: “Perché escludere che le
masse possano essere protagoniste delle regole che definiscono comportamenti
ecocompatibili e limiti di accesso, programmati proprio per soddisfare il
maggior numero possibile di utenti? Perchè
regolare il molto diventato troppo vuol dire demassificare, ridurre i
numeri di accesso o addirittura porre proibizioni, motivate in modo ambiguo?
Anzi è più razionale pensare che soltanto soddisfacendo le esigenze di tutti le
iniziative possano avere successo, cioè essere condivise e accettate con
convinzione, con una partecipazione democratica alla trasformazione della città
turistica in città ospitale[2]
con se stessa e con gli altri” (Costa, 2005. P.109).
Sempre seconda Costa, si sta formando
una deontologia del saper viaggiare che coinvolge il turismo di massa
modificandone atteggiamenti e comportamenti: un nuovo ceto medio internazionale
tiene in equilibrio denaro, cultura, ambiente e turismo. Ecco i maggiori
cambiamenti avvenuti nel turismo internazionale:
-
Dal punto di vista della domanda, il
turismo di massa si è diversificato, facendo sempre più propri concetti quali:
responsabilità ambientale, personalizzazione del servizio,
professionalizzazione, intellettualizzazione e cosmopolitismo;
-
Dal punto di vista dell’offerta invece,
le comunità locali si trovano sempre più
a recitare il ruolo di protagoniste dello sviluppo locale. Il turismo
sostenibile è vissuto come un’opportunità di rivitalizzare antiche tradizioni,
attribuire un certo tipo di valore alle proprie risorse culturali e naturali,
ed offrirle al turista. Esse stesse hanno capito di essere ormai la risorsa del
proprio sviluppo.
L’individuo nella massa, proprio perché
ormai rassicurato dalla formula all
inclusive, ricerca un’esperienza autentica ed è diventato sempre più
competente nel distinguere quando un prodotto dell’artigianato o
dell’agricoltura è tipico della cultura locale. Se non ha le competenze per farlo
richiede marchi di certificazione agli enti preposti.
Secondo Costa[3], è in
atto una tendenza: dal turismo di massa, che invadeva le comunità locali
(colonizzazione esterna[4]) e
marcava lo spazio con gerarchie e differenze, si passa oggi alle masse dedifferenziate
di turisti che vogliono inserirsi nelle comunità di accoglienza e sono
sensibili alle questioni etiche della giustizia sociale (turismo responsabile[5]).
Mentre i vecchi turisti sono
caratterizzati dalle 4 “s”, ovvero dall’inglese sun, sand, sea e sex, e in Italia particolarmente dalle 4 “m”, ovvero marito/moglie, mare, macchina e mestiere (Costa, 2005:112), che
evidenziano meglio le pratiche ostentative e integrative dei consumi turistici,
i cosiddetti “nuovi turisti[6]” sono
caratterizzati dalle 3 “l”, ovvero dall’inglese landascape, leisure e learning. Quindi, landascape, in quanto la domanda è in funzione del paesaggio
naturale e urbano. Il turista non si fa soltanto fotografare davanti a un museo
o un monumento famoso. È attento alla qualità degli oggetti (souvenir) e dei
cibi locali. Vuol vivere e mangiare il paesaggio. Leisure, in quanto il turista è attratto da esperienze di benessere
polisensoriali che differiscono da quelle trasgressive/ostentative cercate nel
turismo di massa. Ogni occasione di consumo turistico, connette la
soddisfazione di una motivazione principale (culturale, naturale, orientata
agli eventi o all’avventura, enogastronomica, salutistica, ecc.) con l’esigenza
di un appagamento complessivo di esigenze secondarie. La domanda è sempre più
multimotivata e mescola esigenze diverse a cui corrispondono beni e servizi con
prezzi altrettanto diversi perché si è propensi a spendere di più per un
oggetto molto amato risparmiando invece sull’albergo. Infine, learning, in quanto l’apprendimento non
è più una prerogativa di pochi esperti. Non basta più infatti poter dire “ci
sono stato”, in quanto la ricerca di contenuti e significati esprime una
concezione particolare della partecipazione. Essa si basa su una preparazione
precedente al viaggio, per esempio attraverso la lettura di riviste
specializzate, di siti web o attarvreso il passaparola (Costa, 2005. P. 114).
Nel mondo anglosassone invece il nuovo
turismo viene definito come il turismo delle tre “e”, ovvero environment, ethic ed economy, dove
ciascun fattore ha pari considerazione
nella mente di chi muove e di chi ospita persone (Canestrini, 2003. P.
66).
Coloro che vengono definiti come “nuovi
turisti” da Featherstone, vengono considerati da Costa come gli innovatori del
turismo. Egli ha collegato le motivazioni, le attitudini e le attività alle
motivazioni del turismo sostenibile a nuovi stili incentrati sulla
personalizzazione, delineando così un nuovo sistema di valori che segna appunto
il trend turistico (Costa, 2005. P.
115).
·
L’estetizzazione
della vita quotidiana e del viaggio: dalla valorizzazione polisensoriale
del corpo al mix di esperienze ricreativo-culturali sulla base del mescolamento
degli stili di vita che tendono all’abolizione di gerarchie tra alta e bassa
cultura;
·
L’intellettualizzazione
degli incontri interpersonali: dalla ricerca di una conoscenza vera del
luogo, alla partecipazione a festival cinematografici o musicali di ogni tipo
per vivere l’area di destinazione come un tutt’uno e non come un semplice
contenitore;
·
Il cosmopolitismo
delle esperienze turistiche: dal
desiderio di parlare le lingue, all’apertura nei confronti della diversità e
della culture, anche quelle più lontane e marginali;
·
La desincronizzazione
dei tempi: le ferie vengono suddivise in più bocconcini e aumentano così
gli short break.
·
La richiesta
di relazioni personalizzate: le vacanze sono sempre fantastiche e
straordinarie ma, essendo ripetute nel corso dell’anno o del ciclo di vita a
flusso continuo, vengono valutate positivamente se esse si sono adattate
all’individuo e alla sua personalità.
[1]
Costa, Nicolò. I professionisti dello
sviluppo turistico locale. I sistemi turistici come opportunità di lavoro.
Hoepli. Milano, 2005. P. 97-148.
[2] La
città ospitale è definita da Nicolò Costa come una città o un’area in generale
caratterizzata da una partnership fra tutti gli stakeholders e pronta quindi ad
accogliere non solo i turisti ma anche il fenomeno del turismo in sé, essendo
consapevoli degli impatti negativi e positivi che ne conseguono. La città
turistica è invece per definizione il contrario di città ospitale, o potremmo
considerarla come ad un livello inferiore rispetto al modello di città
ospitale.
[3]
Costa, Nicolò. I professionisti dello
sviluppo turistico locale. I sistemi turistici come opportunità di lavoro.
Hoepli. Milano, 2005. P. 111.
[4]
Per ulteriori informazioni sul concetto, Nicolò Costa ci rimanda direttamente a
Featherstone, M. (1994), Cultura del
consumo e postmodernismo, Roma, Seam.
[5]
“Il
turismo responsabile è il turismo attuato secondo principi di giustizia sociale
ed economica e nel pieno rispetto dell’ambiente e delle culture.Il turismo
responsabile riconosce la centralità della comunità locale ospitante e il suo
diritto ad essere protagonista nello sviluppo turistico sostenibile e
socialmente responsabile del proprio territorio. Opera favorendo la positiva
interazione tra industria del turismo, comunità locali e viaggiatori."
Definizione adottata da AITR al meeting
di Cervia nell'anno 2005. Per ulteriori informazioni visitare il sito : www.aitr.org.
[6]
Ejarque, J. La destinazione turistica di
successo, Milano, Hoepli, 2003. P. 21-22.
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